Inquadramento storico della fantasia e della fantasticheria. L’originale definizione che viene formulata in Istinto di morte e conoscenza

ABSTRACT

“Tell me where is fancy bred,
Or in the heart or in the head?
How begot, how nourished? […]”

W. Shakepeare, Il mercante di Venezia, atto III, scena II. (Fagioli, 2017, p. 11)

 

Massimo Fagioli apre con questa citazione di Shakespeare il suo primo libro, Istinto di morte e conoscenza, ponendo al centro della sua ricerca uno dei tanti quesiti che hanno stimolato e guidato il suo pensiero scientifico: dove nasce la fantasia? Fagioli, nella premessa alla prima edizione di Istinto di morte e conoscenza, annovera tra i motivi che lo hanno spinto a pubblicare le sue scoperte, quello di esser riuscito a dare rilievo alla fantasia inconscia, in modo sicuramente più esaustivo e profondo rispetto ai testi di cultura generale, filosofica e psicoanalitica da lui consultati negli anni della sua formazione psichiatrica.

Analizzando i riferimenti teorici che lui stesso cita in Istinto di morte e conoscenza, riusciamo ad inquadrare il contesto storico nel quale si sviluppa il suo pensiero e la sua ricerca, che però per nulla somiglia ai contributi a lui contemporanei. In particolare, analizza in modo preciso e innovativo il concetto di fantasticheria, differenziandolo in modo chiaro da quello di fantasia: lavoro questo, che verrà poi portato avanti durante tutte le sue opere.

Massimo Fagioli (2017, p. 29) già nel primo capitolo di Istinto di morte e conoscenza usa il termine fantasticheria come una reazione inconscia negativa, legandola alla pulsione di annullamento. Partendo da una analisi dettagliata della letteratura filosofica e psicoanalitica dei termini fantasticheria e fantasia, si capisce subito come il pensiero di Fagioli sia stato rivoluzionario. Secondo Fagioli (2008, p. 129): “Il fantastico (fantasticheria, da fantasma) è specifico del rapporto delirante e allucinatorio basato sulla bramosia. Il termine fantasia è specifico della creazione interiore dell’immagine e del pensiero come memoria di un rapporto di recettività delle qualità e di investimento sessuale dell’oggetto. L’oggetto fantastico dà luogo ad allucinazioni. Vedere ciò che non è nella realtà esterna. La fantasia dà luogo a vedere ciò che è e che può essere nascosto, non apparente, latente.

“Il termine fantasia deriva dal greco phantasia, che ha come radice phaino -mostrare-. Il termine è usato da Platone principalmente nel senso di “apparenza”, rispecchiamento, senza una sostanziale differenza con la percezione (Melone, 2003).Per Aristotele phantasia è ciò che appare e non è mai usata nel senso di immaginazione creatrice, la traduzione classica di phantasia aristotelica con immaginazione risulta quindi essere errata (Riu, 2009).Gli stoici usano il termine relativamente agli universali platonici, che definiscono phantasmata della mente, la dimostrazione delle idee platoniche è una deissi intellettuale, che corrisponde ad un’allucinazione (phantastikon) (Alessandrini, 2016).Anche per gli stoici il significato di fantasia non è quello di immaginazione creativa.

Nell’ambito della fenomenologia chi si è occupato di questi argomenti è sicuramente Sartre che ne L’immaginario pubblicato nel 1940, riprende i cardini del pensiero di Husserl definendo il concetto di incommensurabilità di percezione e immaginazione, dove la natura della coscienza immaginativa e dell’immagine vengono definiti come oggetto irreale. Anche rispetto a Sartre, Fagioli mantiene una sua originalità di pensiero, in quanto proprio parlando di percezione/fantasia non ritiene esserci tra le due dimensioni una incommensurabilità1.

Nella psicoanalisi, partendo da Freud la fantasia è un residuo dell’onnipotenza infantile è un moto regressivo dietro il quale agisce il principio del piacere, è un appagamento del desiderio, viene usata nel senso di fantasticheria cosciente.

Rispetto all’uso che ne aveva fatto Freud, Melanie Klein introduce un’accezione molto più ampia del termine “fantasia” (Petrelli, 1995). Nei suoi primi scritti la Klein insiste sul fatto che le fantasie presenti nei suoi pazienti e nei loto giochi hanno un’origine filogenetica. L’accezione che il termine ha avuto nell’impostazione di Melanie Klein è stata esplicitata da Susan Isaacs. Per lei la fantasia inconscia è la ritrascrizione o traduzione al livello mentale di sensazioni, percezioni etc. È definita, infatti, come “il corollario mentale, il rappresentante psichico dell’istinto. Non vi è impulso, o spinta o risposta istintuale che non sia sperimentata come fantasia inconscia” (Genovese, 1995). Autori come Sandler e Sandler, Solms restano sostanzialmente in continuità con il pensiero di Freud, non aggiungendo alcuna novità degna di nota al concetto di fantasia. Anche Laplanche, subendo una forte influenza di Lacan oltre che di Freud, enfatizza l’importanza della teoria filogenetica delle fantasie primordiali come inizio da cui far partire l’inconscio.

In sintesi nessuno di questi citati si stacca veramente dal pensiero Freudiano e ancor peggio da una visione religiosa della fantasia, ovvero: la fantasia è sempre patologica, con una base innata e filogenetica. Possiamo eventualmente riconoscere alla Klein e seguaci l’idea di un bambino che almeno entra in rapporto, non completamente narcisista, ma comunque su una base patologica (Steiner, 2018).Da questo brevi cenni è evidente, come nella cultura psicoanalitica la fantasia ha sempre una connotazione patologica, e tale fallimento nella ricerca sull’inconscio “si costituisce come condanna per l’uomo” (Fagioli, 2017, p. 292), perché decreta che l’uomo nasce malato, nasce pazzo. Fagioli (2002) denuncia presto come per Freud la fantasia viene intesa come fantasticheria masturbatoria, non cogliendo affatto che quest’ultima sia la conseguenza dell’annullamento della realtà.

L’interpretazione della pulsione di annullamento, fenomeno completamente non cosciente, permette di mettere in moto, nel transfer, tutte le dinamiche che altrimenti rimarrebbero bloccate (Fagioli, 2017, p. 285). Inoltre, approfondisce facendo dei nessi fondamentali che fanno capire ancora meglio la dinamica inconscia, ovvero lega la fantasticheria alla bramosia e la fantasia, invece, all’investimento sessuale dell’altro. Concettualizzare la fantasia inconscia come fa Fagioli ha un riflesso importante sulla cura: come descrive bene nella premessa alla prima edizione, l’interpretazione della pulsione di annullamento può essere fatta anche senza che “torni a galla il rimosso” con le libere associazioni. “La conoscenza della fantasia di sparizione porta ad avere una luce, nel rapporto con la psiche altrui, che ci può guidare alla ricerca di una uscita dal… ventre della balena.” (Fagioli, 2017, p. 285)

Note

  1. J.P. Sartre, L’immaginaire. Psychologie phénoménologique de l’imagination, Edition Gallinard, 1940.

Bibliografia

  • Alessandrelli, M. (2016). L’ontologia stoica del qualcosa: corpi, incorporei e concetti. ILIESI digitale. Memorie, 2, ILIESI-CNR.
  • Fagioli, M. (2002). Ideologia scienza e storia. Introduzione a Il No e il Sì di Spitz, gennaio 1975. Il sogno della farfalla, 1(1), 13-66.
  • Fagioli, M. (2017). Istinto di morte e conoscenza (14th ed.). Roma: L’asino d’oro.
  • Fagioli, M. (2008). La marionetta e il burattino. Roma: L’asino d’oro.
  • Genovese, C. (1995). La fantasia-realtà nella dimensione protomentale. In M. Ammaniti & D.N. Stern (Eds.), Fantasia e realtà nelle relazioni interpersonali. Bari: Laterza.
  • Melone, A. (2003). Phantasia in Aristotele. Chaos e Kosmos, 4.
  • Petrelli, D. (1995). Fantasia inconscia. Interazioni, 2(6), 165-170.
  • Riu, X. (2009). Percezione, phantasia, mimesis in Aristotele. I Quaderni del Ramo d’Oro, 2.
  • Sartre, J. P. (2007). L’immaginario: psicologia fenomenologica dell’immaginazione. Torino: Einaudi
  • Steiner, R. (2018). Unconscious phantasy. London: Routledge.