Fisiologia, patologia della mente e cura per la guarigione sono i tre pilastri di Istinto (1972). La teoria della nascita non lascia scampo: creatività e distruttività sono realtà contrapposte.
L’“istinto di morte” ha due direzioni: come “pulsione” quando si accompagna alla vitalità e come “pulsione di annullamento” quando, privo di vitalità, rende inesistente ciò che è. Dice Fagioli: «[La fantasia di sparizione] contenuta all’interno di sé, assume tutto il suo senso di creatività, di creare una nuova situazione, proprio dall’annullamento (…) di una situazione attualmente vissuta» (2017, p.59).
Con questa premessa possiamo affrontare il nostro assunto: l’arte non è pazzia.
Molti termini legati alla fisiologia della nascita (fantasia, vitalità, ricreazione, creatività) sono concetti fondamentali anche nell’arte, così come la dimensione patologica della invidia “uccide” sia la vitalità che la creatività. L’isolamento dell’artista e del malato mentale solo all’apparenza sono simili e solo una visione superficiale (violenta!) può accomunare l’apparire “strano” di entrambi.
L’uscita di Istinto ha messo in crisi e ha spinto alla radicalizzazione tutte le ideologie che combatteva: organicismo, psicoanalisi, esistenzialismo… accomunate dall’idea di un «inconscio perverso, inconoscibile e religiosamente immodificabile» (Maggiorelli, 2017, p.127). D’altra parte Fagioli, con la sua Teoria, con la prassi terapeutica e artistica (architettura, disegni, sculture, poesie, musica…) ha invece aperto al mondo dell’arte prospettive sinora inimmaginabili: un’identità sana può esprimersi artisticamente in modo più profondo e felice. L’artista, che cade nella depressione perché non regge la sua dimensione creativa, può conoscere e vivere in modo assolutamente nuovo l’emergenza dell’irrazionale.
Ma cos’è la creatività? Espressione della realtà irrazionale essa si manifesta per ricreazione della nascita e del primo anno di vita quando la “capacità di immaginare” si struttura in “fantasia” coniugando originalità (unicità della persona) e universalità, con il suo toccare dinamiche presenti fin dall’inizio della vita umana e fin dalla origine della specie.
Ed è la “preistoria” che ci regala la bellezza dell’origine con le pitture rupestri fatte soprattutto da donne e realizzate collettivamente. Così come opere collettive sono l’epos mesopotamico e greco, la letteratura romanza e quella siciliana.
E poi? La soggettività del mondo occidentale, nata dalla figura dell’eroe greco e quasi scomparsa con i monoteismi, torna protagonista nel Rinascimento, dove la creatività viene legata alla malinconia (Dürer) ma viene anche sentita come espressione di genialità (Leonardo e Raffaello). Nel Romanticismo l’artista viene vissuto come colui che deve pagare la propria originalità con il prezzo della infelicità… e pochi sfuggono a questa logica (Leopardi?).
Ma perché questo falso mito di “genio e pazzia” perdura fino a noi? Perché persiste il nesso arte-sofferenza?
La risposta della teoria della nascita è netta: per annullare l’inconscio, la creatività umana e ogni idea di trasformazione. La nostra cultura, basata sulla razionalità, vive come destrutturante qualsiasi attività legata al non cosciente per cui impone come unica identità umana quella della ragione. Una visione che non è altro se non una modificazione “evoluta” del pensiero religioso, quello che, costruito sulla idea fantastica di un dio onnipotente fuori di sé (alienazione), ha sempre tentato di eliminare immagini e irrazionalità.
Ugualmente falsa, come dicono le statistiche (Wittkower, 2005), è l’idea che l’artista sia propenso al suicidio.
E oggi? Sulla linea liberal-freudiana è nata la collana “Arte e follia” (MIND e la Repubblica) diretta dallo psichiatra Vittorino Andreoli, che mette sul “lettino dello psicanalista” i più noti artisti, forzandone la biografia e la lettura stessa delle opere, pur di confermare l’assunto di partenza.
Anche nell’organizzazione attuale di mostre e manifestazioni il nesso tra arte e pazzia incontra diversi sostenitori: con la rassegna itinerante Arte, genio e follia Vittorio Sgarbi si ispira alle teorie dello psichiatra Hans Prinzhorn che aveva definito “un nuovo paradigma estetico” le opere di “maestri schizofrenici”.
Spesso ad essere proposte come arte sono immagini che, lontane da ogni idea di bellezza, celebrano la banalità, la vuotezza e lo spaesamento. Nei casi più estremi vengono allestite situazioni che vogliono provocare uno shock emotivo come le truculente ambientazioni di Hermann Nitsch (presente alla Giudecca di Venezia).
La mostra Crazy. La follia nell’arte contemporanea a cura di Danilo Eccher e il Balloon Museum di Roma, in cui sono esposte opere di inflatable art, vogliono far passare per mostra d’arte qualcosa di molto più simile ad un parco giochi.
Purtroppo anche la più importante manifestazione d’arte italiana è deludente nella sua ambiguità. La Biennale di Venezia dedica, infatti, la 59.Esposizione Internazionale d’Arte alle donne e al superamento della visione antropocentrica dell’uomo, ma la mostra Il latte dei sogni, basandosi sull’iconografia fiabesca dell’artista surrealista Leonora Carrington, propone un’idea di immaginazione scissa dall’irrazionale e ben saldata alla teoria freudiana. L’arte è concepita come una commistione tra umano, animale e macchina e, secondo la curatrice Cecilia Alemani, l’artista è chiamato ad immaginare mondi fatti di «nuove alleanze tra esseri permeabili, ibridi e molteplici». Le teorie surrealista e post-human sono il presupposto attraverso cui le cinque mostre storiche, le «capsule» del tempo, si relazionano a molta arte contemporanea che ha rinunciato alla creatività dell’irrazionale e alla capacità trasformativa dei rapporti.
Di contro Paula Rego, nella sua opera (Padiglione Centrale ai Giardini) tornando al rapporto reale tra gli esseri umani, riesce a denunciare la violenza sulla donna e sul bambino con una visione profondamente affettiva.
Bibliografia
Libri
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Ferrando (Ed), Philosophical Posthumanism (p.XI). London: Bloomsburry Academic. - Carnevali, R., Giorgini, L., Masillo, A., Polese, D. (2014). Silvano Arieti. Interpretazione della schizofrenia. Roma: L’Asino d’oro.
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Riviste
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Cartelle Stampa
- La Biennale di Venezia – 59.Esposizione Internazionale d’Arte, https://www.labiennale.org/it/press
Web
- Video intervista Rai a Cecilia Alemani, https://www.raicultura.it/arte/articoli/2022/04/Cecilia-Alemani-107908b4-d7c2-4bdb-b786-0e4b7797ac7e.html