E. Minkowski ne La schizofrenia, facendo propria la lezione di Bleuler e Kretschmer sulla questione della diagnosi differenziale tra schizofrenia e psicosi maniaco-depressiva sottolinea, a tal fine, l’importanza di osservare l’atteggiamento del malato nei confronti dell’ambiente.
Riprende i concetti bleuleriani di sintonia, intesa come capacità della persona, nonostante i sintomi, di restare in contatto con con l’ambiente circostante, e di schizoidia, intesa invece, come tendenza all’isolamento.
Nella schizofrenia assume rilevanza primaria la schizoidia. Kretschmer ci dice che lo schizoide si muove tra i poli dell’iperestesia e dell’anestesia affettiva. M. sottolinea che l’anestesia affettiva non va intesa in senso neurologico in quanto le percezioni non sono disturbate. Ciò che è compromesso è la capacità di “vivere il mondo”. La schizoidia dello schizofrenico si traduce in una perdita del contatto vitale con la realtà che porta il malato a non sentire. Il contatto vitale con la realtà per M. dipende da fattori irrazionali. Egli osserva che è il sentimento irrazionale di armonia con sé stessi e con la vita a determinare lo slancio personale verso l’ambiente. Nello schizofrenico questo sentimento irrazionale manca: tutti gli atti della vita vengono considerati dal punto di vista dell’antitesi razionale del si e del no. Egli sprofonda nel razionalismo morboso diventando rigido e astratto. Descrivendo un paziente schizofrenico, Minkowski osserva: il suo slancio personale, invece di tentare di integrarsi con la realtà, ne fa in qualche modo tabula rasa. Nel capitolo “prospettive” poi riesamina la sua formulazione di “perdita del contatto vitale” e afferma che più che di perdita si dovrebbe parlare di “rottura”. Fa questa riflessione dopo aver approfondito il concetto di spaltung come fenomeno per cui il soggetto, inconsapevolmente, divide mentalmente qualcosa e guardandola vede solo una parte di essa pur avendola tutta intera davanti agli occhi. Egli sottolinea che i verbi spezzare o rompere con cui si può rendere il concetto di spaltung sono verbi attivi. La spaltung viene presentata come attività compiuta dal malato ed è proprio per questo aspetto che si differenzia da nozioni come la dissociazione o la disgregazione che invece vengono subite.
M. prova ad indagare le cause non coscienti della spaltung ma non appare per nulla soddisfatto dai modelli teorici sull’inconscio fino ad allora formulati. Accennando alla formazione dei complessi sulla base della rimozione confessa che ha la sensazione di trovarsi di fronte ad una sorta di “politica dello struzzo” e che la spaltung è altro.
Massimo Fagioli con Istinto di Morte e Conoscenza, tra il ’71 e il ’72 introduce il concetto di pulsione d’annullamento che possiamo definire come attività psichica non cosciente patologica volta ad eliminare l’immagine dell’essere umano con cui si è in rapporto.
Con la nozione di pulsione d’annullamento possiamo riaprire la ricerca su cosa sia quel fare tabula rasa della realtà di cui parlava Minkowski.
Fagioli afferma che lo schizofrenico simplex dietro la maschera ha l’anaffettività e l’investimento annullante il mondo e dà una spiegazione delle cause di questa attività malata formulando una nuova teoria sul funzionamento della realtà non cosciente. L’anaffettività di cui parla Fagioli è conseguenza della pulsione d’annullamento. Non è anestesia affettiva proprio perché implica, non semplicemente la perdita del sentire ma un’attività che annulla il sentire.
Minkowski affermava che per valutare la sintonia o schizoidia di un malato abbiamo in noi uno strumento diagnostico infallibile: la nostra sfera affettiva, la nostra personalità.
Fagioli appare sulla stessa lunghezza d’onda sostenendo che, per fare psicoterapia, è necessario calarsi in un rapporto profondo con il paziente mettendo in gioco la propria identità. Egli, inoltre introduce in psicoterapia uno strumento di intervento nuovo: l’interpretazione della pulsione d’annullamento.
La pulsione d’annullamento che rende anaffettivi può essere osservata nell’attività onirica ed interpretata con costanza, seduta dopo seduta. Se si riesce a frustrarla e farla sparire, il paziente avrà la possibilità di trasformare gradualmente la propria immagine interna e di conseguenza le proprie capacità di rapporto interumano. In accordo con Fagioli la chiave del processo terapeutico sta proprio nel permettere al paziente di realizzare, mediante separazioni fatte con memoria fantasia e non mediante identificazioni fatte tramite introiezione, immagini sempre nuove di sé stesso, dell’altro e del rapporto.
Bibliografia
- Fagioli, M. (1972). Istinto di morte e conoscenza (1st). Roma: L’asino d’oro edizioni.
- Fagioli, M. (1974). La marionetta e il burattino (1st), Roma: L’asino d’oro edizioni.
- Minkowski, E. (1953). La schizophrénie. Paris: Desclée de Brouwer (trad. it. La schizofrenia: psicopatologia degli schizoidi e degli schizofrenici, Einaudi, Torino, 1998).
- Di Gianfrancesco, E., & Gianpà, A. (2016). Car l’homme est fait pour rechercher l’humain. Rileggere Eugène Minkowski. Il sogno della farfalla 3/2016, pp. 51-94.