L’ intervento si incentra su alcuni termini fondamentali usati da Fagioli in Istinto di morte e conoscenza per esporre la sua scoperta, seguendo due prospettive complementari: la storia delle parole, con il suo carico di connotazioni, e la ricerca continua di Fagioli, nel corso degli anni, per cercare le espressioni più adatte a verbalizzare la teoria della nascita. Ci soffermeremo sui due momenti simultanei di cui si compone la dinamica della nascita esposta nel primo capitolo del libro: la fantasia di sparizione e l’inconscio mare calmo, e in particolare sui due lemmi più densi di significati e di storia, e su cui si sono soffermati gli approfondimenti successivi dello stesso Fagioli: “inconscio” e “fantasia”.
Sul piano storico i due termini hanno tradizioni molto diverse. Quella di “inconscio” è stata oggetto, a partire dalla fine degli anni ’90, di una ricerca stimolata da Fagioli all’interno dell’Analisi collettiva, che ha posto in luce le implicazioni dell’affermazione del sostantivo, comparso in tedesco nel 1800. Esso evoca una realtà mentale totalmente scissa dalla coscienza, inconoscibile, oscura, demoniaca, che troverà espressione nella teoria freudiana. Fagioli ribalta da subito radicalmente questa visione e di conseguenza prenderà le distanze dalla parola stessa in un processo a più tappe che lo condurrà ad abbandonarla per altre espressioni come “mente non cosciente”. Già in Istinto però ne fa un uso particolare, che ne trasforma il senso coniando, per indicare la formazione dell’io alla nascita, l’espressione “inconscio mare calmo” che associa al termine “inconscio” un’immagine opposta all’idea di un mondo tenebroso e terribile.
La rottura introdotta già nel 1972 rispetto alla tradizione filosofica e psicoanalitica può risultare ancora più evidente da un esame sommario, della storia dell’altro termine: “fantasia”. E’ un termine cha ha avuto un uso tecnico nel linguaggio della psicoanalisi, ma ha una storia più antica, che lo apre alla possibilità di esporre una scoperta che ribalta la concezione dell’inconscio freudiano.
Nella tradizione rinascimentale “fantasia”, insieme a “immaginazione”, un altro termine strettamente associato e che Fagioli utilizzerà nella sua riflessione successiva, esprime una dimensione irrazionale strettamente fusa al corpo, che si manifesta fra l’altro attraverso la vista, capace di influenzare la realtà mentale ma anche quella materiale, propria e altrui. I due termini subiscono una torsione fra Sei e Settecento, da cui escono depotenziati e ridotti a inganno e a fonte di errore e follia. Mantengono però la connotazione evocativa tratta dalla storia precedente, cui lo stesso Fagioli si ricollega fin dall’epigrafe shakespeariana che apre Istinto di morte e conoscenza. Negli anni dell’Analisi collettiva ritornerà su alcune figure chiave di quella tradizione e sulle loro intuizioni riguardo all’esistenza di una realtà mentale non cosciente degli esseri umani. E soprattutto chiuderà il cerchio della sua critica al concetto di inconscio sostituendo, nel 2006, la dizione di “inconscio mare calmo” con quella di “capacità di immaginare”.
Con questo passaggio, che fa seguito a una riflessione precedente sul concetto di immagine interiore, Fagioli sembra voler precisare che quella della nascita non è un’immagine definita, come se fosse il ricordo cosciente di una realtà materiale percepita. La differenza fra ricordo (cosciente) e memoria (non cosciente) è ulteriormente sottolineata nell’edizione del 2010 di Istinto, dove la seconda è sostituita alla prima per riferirsi alla fantasia di esistenza dell’oggetto intrauterino.
L’intervento si propone poi di ripercorre gli sviluppi successivi del significato e dell’articolazione di questi termini nel pensiero di Fagioli, con uno sguardo particolare al concetto di fantasia. Un momento di svolta in questo senso può essere identificato intorno al 2015, con la formulazione di definizioni nuove tese a precisare meglio il significato di concetti che riguardano le dinamiche della nascita e del primo anno di vita.
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