Architettura e rapporto con la natura

ABSTRACT

“[…] io vorrei poter restare zitto con una donna. […] avere con lei un tipo di rapporto come con la natura. […] davanti al mare, in mezzo a un bosco, da solo che fai? Guardi in silenzio. Però senza che tu te ne accorga un dialogo c’è. Parli, e rispondi. Come se ci fosse un’altra persona. La donna ideale per me è quella che si identifica con questa altra persona.”

(Dialogo tratto dal Film Identificazione di una donna, Regia di M. Antonioni, 1983)

 

Istinto di morte e conoscenza descrive l’emergenza del pensiero alla nascita come reazione allo stimolo luminoso. L’uomo nasce da uno schiaffo della natura. Dopo questo primo momento è fondamentale il rapporto interumano per lo sviluppo armonico fisico-psichico del neonato attraverso le varie tappe, fino alla pubertà e oltre, quando sarà in grado di intervenire attivamente per trasformare la realtà circostante. “Evidentemente non è possibile affrontare creativamente il rapporto con la natura se prima non si è affrontato il rapporto interumano. Se prima non si nasce e non si sviluppa la nascita dell’uomo.” (Fagioli, 2013, pag. 176). Il nesso evidenzia l’unica strada percorribile. Il rapporto interumano sviluppa quella creatività che consente di intervenire nei riguardi della natura in modo trasformativo senza essere lesivi. E’ un discorso di estrema attualità e dalle ricadute molto ampie sia in termini prettamente ambientali, dove la crisi climatica costringe a delle scelte obbligate in ambito sociale, politico, storico, sia nel mondo dell’Arte che fa del rapporto con la natura e l’inanimato la sua attività preponderante. “Dare forma alle cose informi è, in sostanza, rappresentare. E’ rapporto dell’uomo […] con le proprie immagini, con la propria capacità di rappresentare.” (Fagioli, 2013, pag. 177) Il rapporto con le immagini è imprescindibile e ciò è doppiamente vero per gli artisti che hanno il compito di rappresentarle.

Un discorso specifico merita l’Architettura, che tra le arti è l’unica che confrontandosi con l’inanimato presenta una relazione trasformativa con la natura. E’ una disciplina che per definizione modifica l’ambiente eliminando ciò che è per proporre uno scenario nuovo che sarà. Qui la dimensione creativa gioca un ruolo decisivo. […] la creatività è tale quando […] non c’è scissione tra corpo e mente, […] Allora la sparizione dell’attuale non è annullamento […] ma è immediatamente creatività: la sparizione dell’albero per la comparsa del tavolo, la sparizione della collina per la comparsa della casa… la sparizione della bestia per la comparsa del principe (Fagioli, 2013, pag. 176). Si può quindi trasformare senza distruggere. Non solo. Nello specifico dell’Architettura la dimensione creativa consente di sintetizzare e condensare in una risposta unica problemi di carattere Tecnico, Logistico, Sociale, Storico, e allo stesso tempo mantenere un perfetto e spontaneo rapporto con l’ambiente circostante adottando criteri e modalità di intervento in armonia con esso. Il risultato che ne consegue sarà soddisfacente anche dal punto di vista energetico e delle risorse materiali.

Questo il motivo per cui un’Architettura “dal volto umano” è implicitamente sostenibile. Un esempio pratico è rappresentato dell’architettura di F.Ll. Wright, che priva dell’ausilio di dati scientifici che abbiamo oggi era attenta già dall’inizio del ‘900 alla qualità degli ambienti, all’esposizione, alla geometria e all’uso di materiali rinnovabili come il legno, facendosi allo stesso tempo interprete globale delle esigenze umane proponendo un volto allo spazio in cui l’uomo potesse riconoscersi. In questo senso l’architettura organica, antesignana dell’architettura sostenibile rappresenta un campo di interesse da approfondire. Risalendo ancor prima in un tempo antecedente all’avvento dell’elettricità e della tecnologia impiantistica, le costruzioni erano estremamente attente alla natura circostante come unica fonte di energia a disposizione. Il contesto, la geometria, la distribuzione, i materiali e l’esposizione dei fabbricati erano studiati minuziosamente nell’aspetto tecnico per sfruttarne in massimo grado i vantaggi ambientali. Questione di sopravvivenza.

Ancora oggi nei luoghi più diversi troviamo tecniche e modalità costruttive tradizionali in profonda simbiosi con l’ambiente. Sempre agli inizi del ‘900 con l’avvento della tecnologia impiantistica l’uomo si è affrancato da questa costrizione rischiando però di trascurare il contatto con la natura. Questa tendenza è stata controbilanciata all’inizio degli anni ’70 con la rinnovata attenzione per l’ambiente e le risorse esauribili, portando ad una ricerca volta al contenimento energetico e allo sfruttamento sostenibile delle risorse, privilegiando bassi consumi e rispetto per l’ambiente. Non è più questione di sopravvivenza, ora è un’esigenza precisa che purtroppo nell’ultimo decennio si è trasformata in urgenza. Tale corrente, supportata dalla tecnologia, rappresenta uno strumento in più per affinare l’approccio simbiotico adottato dai i nostri predecessori, evitando però il pericolo di ridurre la relazione con l’ambiente a software e logaritmi matematici da applicare in automatico per ottenere guadagno energetico. Porsi l’obiettivo di un’Architettura “a misura d’uomo” significa saper rispondere creativamente e ad un tempo a esigenze sociali, umane, storiche senza tralasciare il benessere fisico e il rapporto dialettico con l’ambiente.

 

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