Dalla medicina all’identità psichiatrica come psicoterapia, un’idea di formazione attraverso la teoria della nascita

ABSTRACT

La formazione del professionista della salute mentale, tema poliedrico, prevede, ad oggi, una crescita su sola base nozionistica accompagnata in alcuni casi, fortuiti, dalla associazione di training personali. Tale percorso potrebbe non essere sufficiente, ma ne è richiesto uno più complesso, come vuole illustrare questo lavoro.

L’origine del sapere medico iniziato con la “praxis ippocratrica”, che era medicina del corpo vivo, mix indistinto di materia, corpo propriamente detto, e non materia, le immagini della mente, si è poi sviluppato attraverso il corso dei secoli. Purtroppo nei primi periodi spesso la medicina e la filosofia si sono alternate in maniera confusiva. Da Platone in poi si è andato generando quel dualismo tra psiche, che diventa anima, e soma, legato alla conoscenza razionale, con l’apocalittica scissione dell’unicità mente- corpo. Il risultato è stato, da un lato, che lo studio del corpo, diventato oggetto delle tavole anatomiche, affidandosi al campo esperenziale, ha trovato l’origine ai “mali dell’uomo” nella Natura, sviluppando i percorsi dell’anamnesi, diagnosi, cura e prognosi, arrivando, poi, con le tecnologie moderne a risultati inimmaginabili. D’altro canto la mente, con i suoi grovigli di emozioni ed irrazionale, è diventata sempre più appannaggio della sfera spirituale, religiosa. Tale scissione si è cementificata con l’illuminismo, incatenata dalle religioni monoteistiche, e l’identità della mente è stata legata unicamente alla ragione.

L’identità dello psichiatra è, in tal modo, rimasta ancorata al passato, con teorie che pur rivendicando un’identità moderna, in realtà sono ancora latentemente influenzate da culture filosofiche e spirituali. I più importanti filoni di pensiero psichiatrici odierni, semplicisticamente, si riassumono in quelli legati: ad un’idea di genesi organica della malattia mentale, ad una visione esistenzialistica della stessa o infine a scuole di derivazione psicanalitica, che non rivendicando un’originale sanità, propongono prassi psicoterapeutiche, con l’obbiettivo di ristabilire l’identificazione con le figure dei Cargiver, per riportare tutto ad un status quo, senza una reale cura. In tal modo l’identità dello psichiatra, si è allontanata dal medico della mente, che invece dovrebbe avere un’immagine di sanità e di malattia mentale, ricercarla attraverso i segni e i sintomi, relazionarla all’ambiente, misurarne l’aggressività ed avere come fine ultimo sempre, come definito da recenti sentenze della magistratura, la ricerca di una cura per la guarigione.

E’ proprio con la teoria della nascita, dello psichiatra Massimo Fagioli, descritta in “Istinto di Morte e conoscenza”, che si crea tale possibilità di identità psichiatrica. In essa vi è l’idea che alla nascita avviene la naturale formazione della mente, dovuta alla reazione della biologia umana con la luce, attraverso una Fantasia di sparizione, reintegrando così la fusione della mente nel corpo umano e ridandole un’identità irrazionale. Con la nuova fisiologia della mente ricompare un’immagine di naturale sanità mentale, che può ammalarsi, ritrovando così la possibilità di una diagnosi, senza la quale non c’è cura. La teoria di Fagioli rivela che la mente, sin dalla nascita, ha una immagine interiore di calore e affettività, subito positiva verso l’altro, che si sviluppa poi attraverso il rapporto umano con il seno. Illustra, altresì, come avviene la genesi della patologia mentale, a causa della carenza da parte del seno materno. Infine, definisce come la malattia, originatasi in un rapporto patologico, si potrà risolvere, in uno altro rapporto interumano non patologico nella psicoterapia del non cosciente.

Con tale fisiopatologia, emerge una nuova identità dello psichiatra come psicoterapeuta, che conserva l’identità medica della diagnosi, prognosi e cura, ma basata sulle sue possibilità umane e non coscienti, di vedere e di rapportarsi all’altro attraverso l’investimento sessuale e di rifiutarne le dinamiche parziali e patologiche. Una terapia che mira ad una guarigione e non solo recupero ad un adattamento all’ambiente.

Concludendo lo psichiatra o psicologo, per essere medico della mente, devono realizzare una dimensione interiore, risultato della loro formazione personale umana e non subordinata solo ad una tecnica, ma allo stesso tempo devono conservare la prassi del medico del corpo e trasformarla. Infatti, quella sensibilità, nel medico antico solo fisica, che tramite i cinque sensi, trovava i segni e sintomi per identificare la patologia, nello psicoterapeuta deve coinvolgere la percezione, la sensibilità, la creatività per diagnosticare, come il medico, la dimensione patologica della psiche, curarla frustrandola, facendosi prestare dal chirurgo il bisturi, che diventa linguaggio, per ricreare così l’immagine di nascita e di sanità del paziente che era andata perduta.

 

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