La civiltà cristiana è fondata su quanto scritto nel prologo del Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo (Lógos), il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”. In sostanza, l’impianto filosofico concettuale della nostra civiltà si fonda sul nesso inscindibile fra divinità, Lógos e verbo. Il dio monoteista, infatti, coincide con il Lógos, la razionalità, e questa è si realizza con il verbo, inteso come parte imprescindibile dell’enunciato logico. Senza razionalità non c’è capacità di parola e senza di queste non c’è la divinità: il divino stesso è il pensiero logico e razionale. Si comprende bene quindi l’importanza della logica razionale del maschio adulto, capace di parlare e come tale capace di conoscere e riconoscere come propria la divinità.
La prima e fondamentale opera di Massimo Fagioli, Istinto di morte e conoscenza, e la teoria della nascita ivi esposta minano alle fondamenta tale ragionamento ed aprono la possibilità di comprendere come e perché nell’ontogenesi umana abbiamo sviluppato la capacità linguistica. Il bambino è soggetto fin dalla nascita, e come tale capace di produrre comunicazione linguistica in maniera assolutamente individuale ed originaria per tutto il cosiddetto primo anno di vita. Egli poi acquisirà progressivamente una lingua o più lingue storico naturali cosiddette materne che, con il passare del tempo, a partire dal suo secondo anno di vita, diventeranno lo strumento tramite il quale egli comporrà i propri sensi personali e individuali, per dare luogo ad una specifica comunicazione linguistica. Durante il primo anno di vita, fin da quel primo atto linguistico che è il vagito, il piccolo, grazie ad un apparato uditivo già maturo ascolterà e “sentirà” i suoni che lo circondano, rispondendo con il proprio sentire, frutto delle proprie immagini interne. Poi inizierà a produrre suoni che avranno assunto la veste esteriore della lingua cui è esposto – la lingua della madre o di chi lo accudisce – e comporrà le prime parole, che non saranno Verbi, ma parole, solitamente sostantivi ricchi di suoni vocalici e consonanti bilabiali: papà, mamma, palla, ecc. Solo alla fine di un lungo percorso acquisizionale sarà in grado di articolare quel Verbo, che finalmente lo identificherà come “soggetto razionale”, dotato di Lógos.
La comprensione della fase solitamente indicata dai linguisti come “fase prelinguistica” quel cruciale periodo della vita in cui la libertà dagli impacci di una lingua determinata e pregressa ci permettono la produzione di immagini uniche, individuali e al tempo stesso universali consente di descrive e comprendere quel “vuoto” del primo anno di vita che i linguisti hanno sempre cancellato. Il primo anno di vita da periodo di “attesa” della razionalità, diventa fase centrale in cui il neonato è attivamente impegnato nella produzione di immagini personali. Il linguaggio diventerà nelle fasi successive uno degli strumenti per la comunicazione umana. Siamo così in grado di comprendere il famoso incipit con il quale si apre il libro di Tullio De Mauro Guida all’uso delle parole: “Parlare non è necessario, comunicare si”. La comunicazione è antecedete alla parola. La comunicazione inizia dopo i “Venti secondi”, quando con il vagito il neonato “comunica” la sua esistenza in vita. Proprio per questo il vagito è stato a lungo confuso con il momento della nascita.
La comprensione dell’ontogenesi del linguaggio è di fondamentale importanza anche per la psicoterapia, che trova in Istinto di morte e conoscenza, il suo inizio e il suo fondamento, come atto medico, che tende alla cura del paziente. Se Massimo Fagioli non avesse compreso e spiegato l’origine del linguaggio nel primo anno di vita e avesse consentito di continuare a identificare il linguaggio con il Verbo e la razionalità logica, la psicoterapia non sarebbe potuta nascere. La psicoterapia è cura solo in quanto il linguaggio, la comunicazione non è parola razionale, ma comunicazione di immagini tramite il flusso di immagini oniriche che diventano descrizioni sonore da parte del paziente, che come onde acustiche raggiungono il terapeuta e che provocano in lui nuove immagini, che egli restituisce nuovamente sotto forma di suono, onda acustica che colpisce la pelle e l’orecchio del paziente. Il meccanismo fisico e psichico della psicoterapia è infatti per la prima volta descritto in dettaglio e precisione in Istinto di morte e conoscenza; ad esempio, nel paragrafo intitolato La perdita dell’immagine dell’oggetto e la creazione del simbolo verbale, nel terzo capitolo. La psicoterapia poteva nascere solo laddove la teoria della nascita aveva descritto la comparsa del pensiero umano alla nascita e il suo dispiegarsi nel primo anno di vita.
Si potrebbe poi aggiungere che, quasi per magia, grazie alla chiarezza della teoria della nascita in questo libro si trovano chiariti, per giustapposizione, i significati di tante parole che prima del 1971, usando una metafora fagioliana, “vagavano senza trovare un oggetto preciso”. Prima fra tutte, la distinzione fra Non e No, alla quale Fagioli aveva dedicato uno scritto già nel 1970. Infatti, solo la distinzione netta dei due termini negazione (Non) e rifiuto (No) rende possibile la ricerca sulla realtà mentale inconscia. Altre coppie saranno indicate dallo stesso Autore nella bandella dell’edizione del 2010, parole che cinquant’anni fa hanno per la prima volta assunto un senso nuovo solo nella separazione dalle loro gemelle: frustrazione e aggressione, identità e identificazione, desiderio e bramosia, indifferenza e anaffettività, alienazione fuori da sé e proiezione, memoria-fantasia e ricordo cosciente, ricreazione e regressione-ripetizione. Ma se ne potrebbero aggiungere tante altre, ad esempio: guardare e vedere, capire e intuire, senso e significato, esigenza e bisogno, ecc.
La relazione che si intende qui proporre intende offrire una riflessione sull’importanza che Istinto ha avuto per il moderno studio del funzionamento del linguaggio umano, consentendo la compiuta messa a fuoco non solo di tutta la vita “linguistica” degli esseri umani, ma anche permettendo di comprendere il processo evolutivo della funzione linguistica nella filogenesi del genere Homo.
Non avendo lo scrivente aggiunto nulla di originale, si tratterà semplicemente di evidenziare le parti di Istinto e di altre opere di Fagioli che spiegano – con un linguaggio semplice ed attuale ancora dopo cinquant’anni – l’importanza del linguaggio nella vita umana e nella psicoterapia.
Bibliografia
- De Mauro T. (1992). Guida all’uso delle parole. Roma: Editori Riuniti.
- Fagioli, M. (2002). Ideologia scienza e storia Introduzione a Il No e il Sì di Spitz, gennaio 1975. Il Sogno della Farfalla, 3, pp. 5-18.
- Fagioli, M. (2022). Istinto di morte e conoscenza. Roma: L’Asino d’oro (1972).
- Fagioli, M., Fago M., Homberg A., Masini F. (2011), Istinto di morte e conoscenza, 40 anni dopo. Il sogno della farfalla, 1, pp. 5-19.
- Fagioli, Marcella (1993), Prime note su ipotesi di lavoro che legano gli studi linguistici alla realtà psichica. Il Sogno della Farfalla, 2, pp. 61-64.
- Fagioli, Marcella, Masini F. (1993). Se parlare non è necessario, perché gli psicoterapeuti usano le parole? Il Sogno della Farfalla, 3, pp. 73-84.