Analisi dei risultati degli studi di genetica applicati alle malattie mentali *

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ABSTRACT

* Si ringraziano: Claudio Lironcurti, Claudio Ricciardi

 

Introduzione

 

Negli ultimi anni l’innovazione delle tecniche di indagine genomica ha favorito la collaborazione tra medici psichiatri e genetisti con l’obiettivo di studiare l’associazione tra genetica e malattie mentali identificandone, eventualmente, i fattori causali. Tale collaborazione ha portato alla pubblicazione di dati che evidenziano la correlazione tra lo stato di portatore divarianti genetiche e l’aumento del rischio di insorgenza di disturbi psichiatrici quali anoressia, ADHD, autismo, disturbo bipolare, depressione maggiore, disturbo ossessivo-compulsivo, schizofrenia e sindrome di Tourette. Inoltre, tali disturbi sono stati raggruppati in tre gruppi geneticamente correlati: disturbi dell’umore e psicotici, disordini neurologici ad insorgenza precoce, disturbi con comportamento compulsivo. Le varianti identificate, per la maggior parte classificate come polimorfismi, caratterizzano geni con funzione pleiotropica che si esprimono nel sistema nervoso centrale e che sono coinvolti nei processi di sviluppo neuronale. L’ipotesi alla base di questo filone di studi è che la presenza di  un’alterazione dell’espressione dei geni varianti, già a partire dal secondo trimestre prenatale, potrebbe costituirsi come fattore di rischio o perfino come fattore causale nella patogenesi dei disturbi psichiatrici. In accordo con questa ipotesi, la genetica psichiatrica sostiene che specifici profili genetici costituiscano il principale rischio di predisposizione (75%) e attribuisce all’ambiente un ruolo decisamente minore (25%, incluse le relazioni umane traumatiche). Ne consegue che a livello terapeutico viene ritenuto opportuno puntare sullo sviluppo di farmaci che inibiscano l’azione dei geni varianti. I risultati ottenuti da tali studi, tuttavia, sembrano non essere sufficienti a dimostrare il peso reale e la penetranza della genetica nei disturbi psichiatrici in quanto basati, seppur su un vasto campione di popolazione, su analisi di correlazione genotipo-fenotipo. Inoltre, gli studi finora pubblicati non sono in grado di chiarire i meccanismi alla base degli eventuali effetti prodotti dalle varianti geniche identificate all’interno delle funzioni del sistema nervoso umano. Una delle conseguenze più evidenti di questo approccio è nell’indirizzare implicitamente i medici e gli operatori sanitari verso una terapia di tipo sintomatico piuttosto che causale, limitando fortemente una prospettiva di ricerca di base e quindi la possibilità di guarigione dei pazienti psichiatrici. Riteniamo che non sia deontologico effettuare la diagnosi di malattia mentale mediante la ricerca di mutazioni genetiche e che non sia etico, da parte degli organi di informazione, riportare che è stata dimostrata la causa genetica dei disturbi psichiatrici. Come ben documentato, attribuire la causa dei disturbi psichiatrici alla genetica è in totale contrapposizione con le scoperte di Massimo Fagioli che con la teoria della nascita vede nell’alterazione della validità dei rapporti interumani la causa principale dell’insorgenza della malattia mentale, anche quella molto grave.

 

Obiettivi

Alla luce di quanto esposto, ci si propone di operare un’analisi critica degli studi pubblicati a favore dell’eziopatogenesi genetica delle malattie psichiatriche. Inoltre, ci proponiamo di effettuare un’analisi dell’impatto esercitato dalla divulgazione dei risultati degli studi di genetica psichiatrica sull’opinione pubblica. Qui, infatti, si innesta un forte problema etico, riguardante la forma della comunicazione scientifica istituzionale, politica e giornalistica: notiamo, infatti, un utilizzo strumentale dei dati scientifici con il preciso fine di creare un consenso di opinione per scopi ideologici, economici, culturali o politici, creando a valle un circolo vizioso che limita ancora maggiormente le prospettive di ricerca biologica e psichiatrica. MetodiRiteniamo possibile dimostrare l’eventuale mancanza di patogenicità delle varianti genetiche identificate, o quantomeno riportarne il peso a semplici fattori di rischio e non a fattori causali, che  sarebbero in grado di esprimere la loro penetranza solo in presenza di fattori ambientali (rapporti interumani) determinanti. Questo obiettivo potrà essere raggiunto attraverso la rianalisi della storiaclinica e familiare dei casi psichiatrici inclusi negli studi pubblicati, l’analisi delle diagnosi e delle ipotesi sulle cause di malattia, utilizzando anche la concettualizzazione teorica della Teoria dellaNascita. Inoltre strumenti di analisi genomica e bioinformatica potranno essere utilizzati per effettuare studi di funzione dei geni identificati, calcolare la penetranza delle varianti geniche identificate e, sulla base dei risultati ottenuti, effettuare una nuova valutazione dei fattori di rischio.

 

Conclusioni

Lo scopo della ricerca in corso è valutare quanto le conclusioni tratte dai risultati ottenuti dalla genetica psichiatrica siano stati falsati da un’ipotesi di ricerca influenzata da idee preconcettedi matrice organicista.

 

 

Bibliografia

  • Fagioli, M., Istinto di morte e conoscenza, L’Asino d’oro, Roma, 1972.
  • Cross-Disorder Group of the Psychiatric Genomics Consortium, Genomic relationships, novel loci, and pleiotropic mechanisms across eight psychiatric disorders, Cell. 179(7):1469-1482(2019).
  • Pelletti, B., Un secolo di genetica delle malattie mentali: genetica psichiatrica o eugenetica rivisitata?, Il sogno della farfalla, 8:4(1999).
  • Gigli, B. – Montibeller, M., Quando la medicina uccide il pensiero: miseria dell’organicismo, Il sogno della farfalla, 14:1(2005).
  • Fargnoli, F. – Belli, S. – Zanobini, V. – Bisconti, P. – Fargnoli, D., La schizofrenia è una malattia genetica? Considerazioni a margine di una lettera alla rivista Nature, Il sogno della farfalla,21:1(2012).