Il “lento salto” evolutivo dell’Homo sapiens: un’ipotesi alla luce della teoria della nascita

ABSTRACT

Ho letto, spesso, che l’essere umano si è formato trenta o quarantamila anni fa.

Ma, sembra, che non si sia giunti a vedere la verità del come e del perché.

M. Fagioli (2011[2014], p. 285)

Sommario.

La teoria della nascita (tdn) di Massimo Fagioli (2017[1972]) consente di spiegare perché gli esseri umani possono avere un rapporto attivo con la natura non umana, al contrario degli animali che hanno solo un rapporto passivo, tant’è che “non inventano né scarpe, né ombrelli” (2014, p.276). Secondo la tdn, infatti, il bambino alla nascita reagisce alla luce con la pulsione e la fantasia di sparizione, e dopo aver vissuto un valido rapporto interumano ‘ri-crea la nascita’, cioè “trasforma la capacità di immaginare in fantasia che”, “con la separazione dal mondo, ricrea il tempo passato”, e “crea[…] qualcosa che prima non esisteva” (2019, pp.271, 99 e 355).

Ma com’è avvenuto il passaggio dai nostri primi progenitori (che avevano un rapporto passivo con la natura) all’Homo sapiens (capace di rapporti interumani coscienti e non-coscienti, e di un rapporto attivo con la natura non umana)? Come può essere avvenuto questo ‘salto’ in un contesto che è evolutivo, e quindi necessariamente ‘lento’? Il presente contributo propone, un’ipotesi, o meglio un insieme di ipotesi. Ma non si focalizza sulla ‘nascita’, che tuttavia costituisce una condizione necessaria, bensì sulla sua ‘ri-creazione’, che la realizza e la rende evidente con la cultura.

Va premesso che nel corso dell’evoluzione non ci sono discontinuità, ma ci possono essere ‘biforcazioni’. C’è una biforcazione quando solo in un ramo si verifica una coincidenza temporale di condizioni che determinano una nuova dinamica evolutiva. Se questa conduce all’acquisizione di nuove capacità, allora l’evoluzione si è spinta più avanti, compiendo un ‘salto’.

La prima ipotesi qui proposta intende individuare il ‘salto’ evolutivo dell’H. sapiens prendendo a paragone l’evoluzione dell’Homo Neanderthalensis, avendo entrambe le specie gli stessi progenitori, ma essendosi sviluppate in contesti ambientali diversi, per poi convivere negli stessi territori, fino a quando i Neanderthal sono scomparsi (pur lasciandoci una piccola eredità genetica). Da questo paragone emerge che l’evoluzione dell’H. sapiens tra i 300 e i 30 mila anni fa ha avuto un’accelerazione che non è osservabile nei Neanderthal. La ricerca più recente ci dice che nel corso di quell’era il suo cervello diventò comparativamente più complesso, tanto da richiedere una più lunga maturazione dopo la nascita (Dunbar, 2016; Galway-Witham et al., 2019; Neubauer et al., 2018); le capacità di vita sociale aumentarono, essendo cresciute sia la dimensione sia il numero dei gruppi di Sapiens, mentre i Neanderthal continuarono a vivere in piccoli gruppi, tali da dar luogo a una dinamica demografica stentata (Bocquet-Appel & Degioanni, 2013; Shultz et al. 2019; Vaesen et al., 2021); la produzione artistica e tecnologica, quale misura delle capacità inventive, ebbe una dinamica qualitativa e quantitativa accelerata nel caso dei Sapiens proprio nello stesso periodo in cui le due specie convissero negli stessi territori, mentre la produzione dei Neanderthal, per quanto recentemente rivalutata, diede pochi segni di cumulo delle conoscenze (Mellars, 2005; Nielsen et al., 2020; Wynn, et al. 2016; Zwir et al., 2022).

L’evoluzione del cervello e della vita sociale dei Sapiens fissò le condizioni che si ritrovano nella tdn. Infatti, se il cervello fosse più maturo alla nascita, il bambino non farebbe la fantasia di sparizione (Fagioli, 2015, p.287); e se il cervello non si sviluppasse negli anni successivi, il bambino non saprebbe ‘ri-creare la nascita’, e dunque non potrebbe avere “un rapporto […] non passivo con la natura non umana” (2019, p.337). Inoltre, dopo la nascita “è necessario che il neonato abbia un rapporto interumano […] perché possa passare dal rapporto con la natura non umana, in cui realizza la capacità di immaginare, al rapporto interumano in cui realizza la fantasia” (pp.354-5).

Questo suggerisce una seconda ipotesi, necessaria a spiegare perché il ‘salto’ evolutivo dell’H. sapiens è stato ‘lento’. L’ipotesi è che l’emergere della capacità di ‘ri-creare la nascita’ abbia incontrato degli ostacoli che solo col tempo si sono ridotti. Il primo ostacolo può essere stato il rapporto con le madri che non ‘riconoscevano’ la nascita dei figli e che avrebbero potuto portare così alla “distruzione del genere umano” (Fagioli, 2006, p.21). La selezione delle madri più capaci, però, richiede tempo. Così come la elaborazione creativa del gioco dei bambini (Langley et al. 2019; Nowell, 2016). Un altro ostacolo è stata la iniziale mancanza di cooperazione all’interno dei gruppi, che poteva essere superata solo con la selezione dei gruppi più cooperativi (Burkart et al., 2009; Bowles & Gintis, 2013).(<5000 battute)

Riferimenti essenziali

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  • Bowles, S., & Gintis, H. (2013). A Cooperative Species. Oxford: Oxford University Press.
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  • Fagioli, M. (1972). Istinto di Morte e Conoscenza. Armando [ed. 2017, Roma: L’Asino d’Oro].
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