L’identità umana del terapeuta

ABSTRACT

Agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, con la pubblicazione di Istinto di morte e conoscenza (Fagioli, 2017), si afferma una nuova identità del medico della mente, che propone un grande cambiamento. La storia della psichiatria inizia nel 1773 con Weickard che accosta la parola psiche considerata molto vicina alla parola anima, riportandola sulla terra, alla parola iatria, che si riferisce alla medicina accogliendo così le fondamentali parole diagnosi e cura per la guarigione. Venti anni dopo, nel 1793, con il medico Philippe Pinel si realizza una svolta nella psichiatria, con la liberazione del malato di mente dalle catene che tenevano bloccato il movimento del corpo. Pinel è un filantropo, ma anche, soprattutto, un innovatore. Egli inizia una ricerca applicando un metodo scientifico di derivazione razionale proponendo anche l’idea di guarigione come possibile. Siamo in pieno Illuminismo, diventa fondamentale il recupero dell’ordine razionale della mente. Ma da Pinel in poi si va affievolendo l’idea di una guarigione possibile.

Si attiva l’internamento del malato di mente con Esquirol che parlerà di monomania. Si persegue la guarigione attraverso il “trattamento morale” cioè mentale attraverso un approccio autoritario e riabilitativo. I manicomi sono considerati “strumenti di guarigione” anche nei loro aspetti architettonici ispirati al razionalismo classico toscano.

Con Esquirol viene riproposta l’analogia fra delirio e sogno: quest’ultimo era considerato come espressione della realtà irrazionale con la conseguenza inevitabile di considerare la ragione come garante della sanità mentale. L’irrazionale e pertanto i sogni vengono confinati nell’ambito della follia. Si perde completamente la possibilità di accedere al sogno, al suo significato e alla sua importanza per la cura della malattia della mente. In seguito, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, con la teoria della degenerazione di Morel prevarrà l’idea del deterioramento della sostanza cerebrale: “Tutto ciò che non si riusciva a spiegare veniva definito così come biologia deteriorata per cui l’organismo si disfaceva, prima di una fisiologica vecchiaia.” (Fagioli, 2021, p. 51) Quest’ultimo concetto dominerà incontrastato essendo ripreso da Kraepelin, che distinguerà la demenza precoce dalla mania depressiva.

Con Bleuler (siamo nel 1911), che genialmente parla di spaltung come nucleo primario della schizofrenia, si apre la speranza di comprendere e curare la grave patologia della mente. Egli propone il concetto di una unità psichica originaria, ma resta incrollabile il pensiero di una causa organica alla base della spaltung. Nel Novecento la fenomenologia si accinge ad interpretare la malattia come modalità di essere al mondo e nell’opera di Ludwig Binswanger le varie manifestazioni patologiche verranno interpretate come forme di fallimento, di mancata riuscita dell’esistenza umana. Ma il fascino e la suggestione di tale impostazione non eviterà di sancire l’impossibilità della cura.

Il caso Ellen West racconta questo fallimento ben descritto da Binswanger (1944/2001), di una giovane donna giudicata inguaribile e accompagnata in una sorta di suicidio assistito dagli psichiatri che avrebbero dovuto curarla. “L’analista si assenta. Il paziente subisce una frustrazione.” (Fagioli, 2017, p. 13)Facendo luce sull’assenza dello psicoterapeuta come causa prima della impossibilità di cura e del malessere del paziente, Massimo Fagioli nel suo primo libro pone le basi per la formazione del terapeuta che deve aver risolto in primis la sua pulsione di annullamento. In Istinto di morte e conoscenza (Fagioli, 2017) si racconta la cura di un caso di psicosi molto grave, di un paziente che ritrova la nascita e quindi la guarigione dalla malattia mentale.

Il terapeuta attualmente ha davanti una sfida: per poter affermare una nuova concezione di cura della psicoterapia delle psicosi è necessaria una formazione che garantisca una identità terapeutica nuova.

La cura per la guarigione mette in gioco in toto la realtà umana, la sensibilità e l’affettività del terapeuta: “[…] non si può fare ricerca sulla realtà mentale umana se non c’è il fine di cura. […] perché la mente dello psichiatra che non ha intenzione di cura non riesce a comprendere nulla della mente del paziente.” (Fagioli, 2021, p. 56)

 

Bibliografia

  • Binswanger, L. (1944). Der Fall Ellen West. Eine anthropologisch-klinische Studie. Zurich: Orell Füssli AG (trad. it.
  • Il caso Ellen West, SE, Milano, 2001).
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  • De Gruyter (trad. it. Tre forme di esistenza mancata: Esaltazione fissata, stramberia, manierismo, SE, Milano, 2011).
  • Fagioli, M. (2017). Istinto di morte e conoscenza (14th ed.). Roma: L’Asino d’oro.
  • Fagioli, M. (2021). La psichiatria come psicoterapia. Roma: L’Asino d’oro.
  • Fargnoli, D. (2020). Sogno e delirio: breve excursus nella storia della psichiatria. Il Sogno della farfalla, 4, 15-32. Roma: L’Asino d’oro.
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  • Molaro, A. & Stanghellini, G. (2020). Storia della fenomenologia clinica: Le origini, gli sviluppi, la scuola italiana.
  • Novara: De Agostini Scuola.
  • Moscati, A. (2021). Ellen West: Una vita indegna di essere vissuta. Macerata: Quodlibet.
  • Pinel, P. (1809). Traité médico-philosophique sur l’aliénation mentale. Paris: J.A. Brosson.