La cultura dei Beni Comuni. Prospettive e linee di ricerca per la realizzazione dell’identità umana

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ABSTRACT

Tra gli approcci teorici che si sono occupati dei Beni Comuni, specie sotto il profilo della disponibilità e dell’accesso, quello maggiormente diffuso è rimasto aderente al paradigma della proprietà individuale, sorretta dalla concezione antropologica dell’homo œconomicus. Secondo Garrett Hardin *1, ad esempio, le risorse comuni, se aperte all’accesso collettivo, subirebbero un destino tragico, poiché sarebbero oggetto di accaparramenti sregolati ed egoistici andando incontro a depauperamento e a cicli distruttivi. Questa narrazione, tuttavia, oscura la capacità umana di porsi in relazione con gli altri e di compiere scelte improntate non solo al proprio interesse, ma anche alla realizzazione della collettività. A tal riguardo, i lavori seminali di Elinor Ostrom 2 hanno valorizzato esperienze di cooperazione locale, dimostrando che, al di là della proprietà pubblica o privata, esiste una dimensione collettiva in grado di distribuire utilità e poteri in modo efficace e solidale. In sintonia con queste nuove idee, il giurista Stefano Rodotà ha definito i beni comuni(materiali e immateriali), ed il relativo accesso, come funzionali alla realizzazione dei diritti fondamentali e allo sviluppo della persona umana 3.Cosa sia un Bene Comune è ancora oggi oggetto di studio e, considerata la trasversalità e multidisciplinarietà della tematica, risulta complesso tracciare i confini netti di questo concetto in un dibattito ampio e variegato.

Nel contesto che qui interessa, come Beni Comuni vanno considerati non solo beni materiali come l’acqua, gli ecosistemi e la biodiversità, la cui tutela è stata inclusa nella Costituzione (art. 9) da una recente revisione costituzionale, ma anche beni quali l’accesso all’istruzione, alla cultura, alla città, alla conoscenza scientifica e alle cure. Approfondendo queste teorie, l’attività del gruppo si propone quindi di mettere in evidenza le connessioni tra la teoria della nascita e lo sviluppo del concetto di beni comuni, per coniugarli alla realizzazione dell’identità umana. La visione antropologica che scaturisce dalla teoria della nascita porta al superamento dell’idea razionalistica dell’homo œconomicus e della dicotomia uomo-natura riconoscendo l’originaria socialità e capacità relazionale degli esseri umani, che si realizzano e si sviluppano necessariamente in una dimensione collettiva, con e per mezzo del rapporto con gli altri ed in un rinnovato rapporto con il proprio ambiente. In questa relazione non trova spazio l’idea dell’homo homini lupus 4.

La teoria della nascita supera la cesura tra umano e naturale mostrando come il pensiero emerga dalla realtà biologica e come la dimensione irrazionale, storicamente attribuita al mondo “selvaggio”, sia invece costitutiva dell’umano e caratterizzi il suo sviluppo individuale e le relazioni con gli altri. Secondo Massimo Fagioli, infatti, la prima sapienza dell’uomo è “la certezza-speranza dell’esistenza di un altro essere umano che risponde al desiderio… il significato primo e fondamentale del venire al mondo: lo stare insieme agli altri, il fare insieme, la socialità originaria dell’uomo” 5.

 

RIFERIMENTI

1 G. J. Hardin, “The Tragedy of the Commons”, in Science, vol. 162, n. 3859, 1968, pp.1243-1248.

2 E. Ostrom, Governing the Commons: The Evolution of Institutions for CollectiveAction, Cambridge University Press, 1990. Trad. it.: Governare i beni collettivi, Marsilio,Venezia, 2006.

3 S. Rodotà, “Diritto e beni” in S. Rodotà, Il terribile diritto, Bologna, Il Mulino, 2013,pp. 459-498.

4 T. Hobbes, Il Leviatano, Milano, Bompiani, 2001, [1651].

5 M. Fagioli, Bambino donna e trasformazione dell’uomo, Roma, L’Asino d’oro edizioni,2013, p. 140.